AFRICA

ALGERIA
Conosciuto con il nome di kesksou, il cous cous è il piatto nazionale delle feste, lavorato a mano dalle donne nei villaggi e cucinato secondo diverse varianti, sia regionali che stagionali; attorno al cous cous, nelle case algerine, si riunisce la famiglia per un momento conviviale dalla forte valenza sociale. Tante le ricette, da quelle a base di pollo e agnello con cipolle, ceci e spezie, a quelle che utilizzano la carne di montone con verdure, o versioni vegetariane e dolci, con datteri o frutta secca.

COSTA D’AVORIO
I cous cous ivoriani più diffuso sono l’attiéké, a base di manioca, e quello a base di miglio, piatti della festa e dell’accoglienza offerti per dare il benvenuto agli ospiti; spesso proposto con salse aromatiche multicolori, il cous cous nella Costa D’Avorio è prodotto ancora artigianalmente nei villaggi con un processo lungo e laborioso, ma oggi si trova anche già pronto per l’uso in negozi specializzati.

EGITTO
Varia, saporita, colorata, che strizza anche un occhio alla salute perché povera di grassi, la cucina egiziana ha molte caratteristiche in comune con quella mediterranea e mediorientale; il cous cous del luogo abbonda di verdure cotte in padella e vale come primo caldo e speziato, in accompagnamento alle pietanze di carne.

MAROCCO
Piatto nazionale del paese, è diffuso in tantissime varianti: il kouskoussou a base di semola cotta a vapore, servito con contorni che cambiano con le stagioni, di regione in regione, e di festa in festa; una versione semplicemente bagnata con latte, servita come se fosse una zuppa; una raffinata ricetta con prelibate carni speziate e frutta secca, e tante versioni a base di mais e verdure. I cous cous più conosciuti e diffusi nel mondo sono il bidaoui alle sette verdure e carni, e il k’dra guarnito con frutta secca, verdure e legumi.

MAURITIUS
La cucina mauriziana è il frutto della sua storia e della sua posizione geografica che l’ha resa per secoli crocevia di popoli con culture gastronomiche completamente diverse. Le tradizioni dei creoli, la raffinatezza dei piatti francesi, le particolarità della lontana Cina e i gusti forti e speziati dell’India, si fondono perfettamente dando origine a un vero e proprio melting-pot di sapori e odori. Naturalmente grazie al mare che le circonda le Isole Mauritius offrono un’ampia scelta di pesce e di gustosi frutti di mare, cucinati prevalentemente alla griglia o fritti.

SENEGAL
E’ la brisure di riso, un tipo particolare di riso aromatico a grana lunga, l’ingrediente base del piatto nazionale senegalese, servito con contorno di pesce e verdure o con carne;  diffuse nel Paese anche la variante a base di miglio e, nella parte meridionale del paese, quella preparata con il fonio, un cereale dal sapore delicato coltivato in terreni poveri e in zone semi-aride, sempre più valorizzato per le sue qualità nutritive e terapeutiche.

TUNISIA
E’ piatto nazionale, diffuso in tantissime versioni, con verdura e tranci di pesce interi o nella versione keftas tipica di Sfax, con pollo, tacchino, agnello e manzo; le varianti invernali del piatto sono preparate con la carne di agnello e montone mentre quelle estive con le verdure. Molto spesso è accompagnato con salse piuttosto corpose tra cui la tradizionale harissa dal sapore particolarmente piccante, a base di peperoncino rosso e aglio; esistono, inoltre, varianti come l’osbane a base di interiora di agnello, il kadid con insaccati, dolci con i datteri rèfissa, omesfoul con chicchi di melograno.

MEDIO ORIENTE

ISRAELE
Il cous cous israeliano è conosciuto come cous cous in perle o maftoul per i grani più grossi, simili appunto ad una perla; è il piatto del venerdì sera ed il primo pasto dello Shabbat, e la sua grana grossa lo rende adattabile ad una molteplicità di ricette, dalla tradizione del cous cous Kasher legata alla religione e ai rituali della cultura ebraica, al dolce della festa di Hanukkah, preparato con uvetta, arance e cannella.

LIBANO
Pietanza tipica della tradizione libanese è il tabulè o tabbouleh, un’insalata che nella versione originale viene preparata con il bulgur, pomodori, prezzemolo tritato, menta e cipolla.

PALESTINA
A base di grano integrale e bulgur, il cous cous palestinese viene chiamato maftoul per indicare il movimento rotatorio della mano quando si impasta la semola: una volta cotti a vapore e granuli scuri e consistenti vengono avvolti da un velo di farina di grano e impastato con acqua e sale fino a quando il tutto non diventa granuloso, per poi essere setacciato ed essiccato al sole per un paio di giorni. Lo si trova come piatto caldo o freddo per l’aperitivo; una delle sue versioni più note è il tabulè.

AMERICA

STATI UNITI
Gli Stati Uniti d’America sono un paese storicamente molto giovane, ma comunque di grande tradizione per quanto riguarda la cucina, assemblando in sé le culture gastronomiche di mezzo mondo. È il multiculturalismo applicato alla tavola: non solo fast-food agli angoli delle metropoli statunitensi, ma anche locali che presentano piatti di tutto il mondo, asiatici e africani, italiani e irlandesi, da quelli kasher della cucina ebraica a quelli del mondo arabo e del Mediterraneo.

BRASILE
Le migliaia di schiavi che dall’Africa vennero condotti nelle colonie del Sud America hanno portato con loro, oltre ai ricordi ed ai rimpianti, anche la ricetta del cous cous. Ci sono due versioni tradizionali del cous cous brasiliano e si differenziano parecchio dalla ricetta originale: la ricetta paulista tipica dello Stato di San Paolo prevede l’uso di pesce, semi di grano, uova, pomodori e cuori di palma; la ricetta di Bahia contempla invece l’utilizzo di tapioca, latte di cocco e latte condensato.
Bahia si è guadagnata il titolo di capitale della cucina afro-brasiliana perché proprio qui giunse la stragrande maggioranza di emigranti africani, tanto che ancor oggi un proverbio locale dice: “più la cuoca è nera più la cucina è saporita”, più chiaro di così!

EUROPA

FRANCIA
Con l’immigrazione maghrebina e la colonizzazione del Marocco, la diffusione del cous cous in Francia si è incrementata in maniera esponenziale. Oggi il piatto è una delle pietanze più consumate nel Paese, dai ristoranti alle mense universitarie ma anche a casa; nei negozi e nei supermercati si trova precotto e viene spesso consumato con le verdure e la carne; alcuni ristoranti lo propongono accompagnato con la bouillabaisse, la tradizionale zuppa di pesce alla marsigliese.

ITALIA
Nel paese il consumo del cous cous si è diffuso negli ultimi 10-15 anni grazie all’immigrazione e all’ingresso di questo prodotto nella grande distribuzione; da piatto etnico il cous cous sta entrando sempre di più nelle abitudini di utilizzo quotidiano.
In provincia di Trapani, il cuscusu, è un piatto che fa parte della tradizione e ancora oggi sono molte le famiglie che lo preparano secondo l’usanza, incocciato a mano e accompagnato da zuppa di pesce (scorfani, sarpe, caponi, boghe, sgombri etc). La preparazione comincia con l’incocciata, la fase in cui la semola viene raggrumata con acqua salata attraverso un movimento rotatorio del palmo della mano sulla mafaradda o sul lemmu (ciotole di terracotta dai bordi alti); dopo questa fase la semola si adagia sul tavuleri (una tavola di legno), si frisculia (condisce) con pepe nero, cannella in polvere e un trito di aglio, mandorle, cipolla, prezzemolo e alloro, e si cunza (condisce) con olio extravergine. Finita la prima fase si trasferisce la semola ‘ncucciata, alla quale si uniscono delle foglie di alloro, dentro la couscousiera, contenitore di terracotta forato che si mette a cuocere a vapore sopra una normale pentola colma d’acqua; per evitare dispersioni di vapore si sigillano i due contenitori con i cudduruna (impasto di acqua e farina) e dal momento in cui l’acqua comincia ad evaporare si attende circa un’ora e mezza per la sua cottura; appena il cous cous è pronto si fa arripusare nella mafaradda per poi essere servito cu broru (con brodo di pesce preparato a parte).
Ad Erice e nell’arcipelago delle Egadi si trova una diversa variante di cous cous, la frascatula, una specie di pasta fresca la cui etimologia proviene probabilmente dalla distorsione dialettale del termine francese flasque (molle). La frascatula si ottiene sia dagli scarti della lavorazione del cous cous, sia dalla manipolazione con movimento rotatorio del palmo della mano di due tipi di grano, duro e tenero, intriso di acqua e sale; a differenza del cous cous, la granella ottenuta dalla lavorazione, che è molto più consistente del cous cous tradizionale, viene cotta nel brodo insieme ad un sugo di verdure quali fave, carciofi o cavolfiori. Oggi nell’isola di Favignana se ne gusta un’eccellente versione con il brodo di aragosta.
L’unico cous cous dolce preparato in Sicilia si può assaporare ad Agrigento: come da tradizione, la pietanza è proposta ancora oggi dalle suore di clausura della Badia Grande del Monastero dello Spirito Santo, che nei secoli lo preparavano su ordinazione delle famiglie nobiliari agrigentine in occasione di ricorrenze e banchetti; questo dessert è preparato con semola di grano duro e condito con pistacchi freschi, granella di mandorle tostate e profumato da cannella, acqua di rose, frutta candita e cioccolata.
In Sicilia la capitale simbolica del cous cous è San Vito Lo Capo, piccola cittadina marinara incastonata tra due riserve naturali in provincia di Trapani, che ogni anno a settembre celebra questo piatto con il Cous Cous Fest;
anche in Sardegna esiste una versione di cous cous a base di verdure, il cascà, le cui origini tunisine risalgono alla colonizzazione da parte del popolo di Carloforte di un piccolo territorio in Tunisia dal 1540 al 1738, presso l’isola di Tabarka, con la conseguente influenza della loro cucina con ricette del luogo come il cous cous, ma modificandoli (il cascà infatti non prevede l’abbinamento con la carne).